venerdì 17 marzo 2017
Che fine hanno
fatto le colonne d’Ercole? - Mauro Armanino
Sono scomparse senza lasciare traccia. Dopo aver nutrito l’immaginario dei navigatori e dei poeti per
secoli sono state inghiottite dalla storia di questi ultimi decenni. Le
Colonne d’Ercole, barriera e limite insuperabile del mondo conosciuto. Simbolo
mitico dell’occidente. Identificate con lo stretto di
Gibilterra o altrove nel Mare Mediterraneo, le Colonne si sono nel frattempo
delocalizzate. Sono state globalizzate e poi adattate alle grandi
trasformazioni della politica europea. Sono Colonne che assomigliano a
reti metalliche adattabili alle circostanze e alle esigenze del controllo senza
frontiere dell’umana mobilità. Torri di guardia e sofisticati
sistemi di intercettazione di umani che cercano di attraversare su una
passerella il grande abisso che separa i continenti. I mostri del mare e il
Leviatano che si diverte tra le torri gemelle.
Per non scomparire senza lasciare traccia sono i Lazzaro dell’omonima parabola
che arrivano al soccorso di un continente alla deriva. Le Colonne d’Ercole, baluardo dell’altro mondo, si sono spostate
altrove, anzi sono state deliberatamente affondate nel mare. Nel luogo
dove si va costruendo una Città Sommersa, lontana e vicina insieme, dei
naufraghi della divisione del mondo. Le guardie di frontiera
domandano i documenti agli affondati dello sviluppo ineguale dell’economia
mercantile. Le Colonne d’Ercole sono davanti all’ingresso
della porta principale della città sommersa. Inghiottite dal
Mediterraneo dei campi di identificazione, detenzione ed espulsione. Testimoni
silenziose, le Colonne, con tagliando d’ingresso gratuito e numerato. L’Odissea
si scava oggi tra le onde del mare di sabbia del Sahel.
Sono scomparse dalle cartine geografiche senza
lasciare traccia. Le Colonne d’Ercole si trovano non lontano dal
canale di Sicilia e segnalano il continente sommerso. Atlantide è
nella realtà una Città Sommersa dove si germina la civilizzazione del futuro.
Ulisse si è avventurato nel mare come fanno i migranti che hanno dimenticato il
nome dell’isola di partenza. Le Colonne d’Ercole hanno messo i fiori perché la
primavera si avvicina e i bambini hanno steso tra le due una corda per
l’altalena. Partiti loro sono le donne che, dopo aver fatto il bucato, mettono
a stendere i panni sott’acqua per non farli asciugare. Colonne mobili che non
spaventano più i naviganti e neppure i teologi che temevano per il cielo. Sono
proprio le Colonne che lo reggono, e sulla loro sommità si intravvedono le
antenne paraboliche da dove sbarcano notizie.
Sono scomparse nella bruma del mattino senza lasciare traccia.
Le Colonne d’Ercole indicano che i confini si sono
spostati. Ogni migrante è la sua frontiera mobile che passa le Colonne d’Ercole
delle polizie e dei campi di detenzione immaginati per rinchiudere la storia
tra mura e reticolati. Sono invece diventate una porta d’accesso per il museo
del mare che rimane aperto anche la domenica. Sono un’attrazione turistica per
i viaggiatori di ogni tipo. Per primi passano gli irregolari e poi mano a mano
gli altri. I passaporti sono sconsigliati specie se timbrati alla frontiera di
arrivo. Giurano di aver visto le Colonne d’Ercole salpare da un mare
all’altro e da un confine all’altro. Non fanno più soggezione e gli
innamorati vi incidono sopra i loro nomi perduti o dimenticati a forma di
cuore. I credenti appendono alle Colonne i loro ‘ex-voto’e i marinai di
passaggio vi accendono il cero per l’ultima promessa che Dio non ha mantenuto.
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