L'albero migrante
L'indipendenza del Niger si celebra il 3 di agosto. Dal 1960 ad oggi fanno 53 anni. Il primo presidente del Niger Diori Hamani proclamava che il destino dei nigerini sarebbe stato diverso. Nel 1914 la Francia possedeva un impero di 11 milioni di kmq con una popolazione di 50 milioni.Poi ci sono state le due guerre mondiali d’Europa. In esse i soldati delle colonie dell'Africa francese hanno partecipato a migliaia. 163 mila soldati nella prima e 180 mila nella seconda. Si sono distinti i tiratori senegalesi e marocchini. Al momento della dichiarazione dell'indipendenza del Niger solo il 2% della popolazione poteva essere considerato alfabetizzato. Alle armi non importa la scrittura.
La festa degli alberi sposa quella dell’indipendenza fin dal 15 luglio del 1975. L'albero dell'indipendenza è anche l'indipendenza degli alberi. La ‘cintura verde’ voleva fare di Niamey un luogo di resistenza all'avazata del deserto del Sahel. Questo spazio ha iniziato a colorarsi di verde. Specie quando Gheddafi ha iniziato la sua folle rincorsa del nulla. Hanno invece un altro colore le migliaia di migranti che la Libia non da oggi coltiva nei campi di detenzione. Negli ultimi due mesi oltre 3.500 migranti sono stati registrati dalle autorità di Dirkou e l’OIM. Di questi circa 900 sono stati espulsi dalla Libia. Gli altri sperano sempre di andare e trovare una vita o almeno un albero sotto il quale posare il capo. Sono gli alberi migranti a resistere per l’indipendenza.
In virtù del potere a lui conferito dal popolo nigerino il presidente Diori Hamani ha proclamato l’indipendenza del paese. Il popolo che ha il potere di essere maestro del proprio destino si è dichiarato sovrano. La colonizzazione della Francia avrebbe durato circa 60 anni. Chi si ribellava ai coloni era denudato, incarcerato e umiliato. I villaggi resistenti potevano essere bruciati dai militari. Sono passati 53 anni da allora e la colonizzazione continua sotto altra forma. I migranti sono alberi che vanno errando nella traversata del deserto. Resistono come gli alberi al pozzo di Giacobbe.
Una volta la settimana c’è un convoglio che accompagna i migranti dal confine libico ad Agadez. La croce rossa internazionale conta rimettere in funzione sette pozzi lungo la frontiera per l’uso di acqua potabile. Alcuni alberi potrebbe crescere attorno e su questi gli ultimi migranti potranno scrivere i loro nomi. Come i sette giorni dell’apocalisse iniziata il giorno in cui le frontiere erano state armate. I migranti allora iniziarono a piantare alberi attorno ai pozzi. Era verso mezzogiorno quando uno di loro domandò acqua da bere ad una donna. Lei si chiamava Fatou e dal 2003 aveva abbandonato il suo paese dopo esserne stata abbandonata.
Sua figlia si chiama Veronica e si ritrova con 5 anni senza neppure saperlo. Ne hanno passato alcuni in Algeria fino all’espulsione per mancanza di documenti. Veronica è nata sotto l’albero che era stato piantato per dipingere di verde il Sahel. Ora aspetta suo padre che si trova ancora ammalato in Algeria. Di sicuro tornerà un giorno e vivranno come dei re. A dire di Fatou lui si chiama Claudius ed è per metà di origine della Costa d’Avorio. Gruppi etnici di confine separati dalla storia che l’indipendenza ha cercato di redimere. La stessa gente del sergente Samuel Doe che ha fatto il primo colpo di stato in Liberia. Gli alberi della foresta sarebbero diventati le armi di Taylor.
L’assetato chiedeva acqua da bere alla donna. L’acqua viva del Sahel era stata irrimediabilmente contaminata da coloro che avevano concesso l’indipendenza. All’epoca non c’era l’uranio per illuminare la notte delle civiltà basate sul profitto. Fatou ha chiesto l’elemosina per arrivare a Niamey da Gao che si trova nel Mali.Hanno fatto il primo turno di elezioni e la partecipazione è stata più alta del solito. La guerra è la politica con altri mezzi e la politica è ciò che fanno coloro che cercano il potere. Veronica non si interessa di politica. perché la politica la fanno i grandi. Si prepara a cucire un panno sul volto di colui che domanda l’acqua a sua madre.
Gli alberi di Niamey sono in mezzo alla strada. L’ultimo ad essere piantato per l’indipendenza è scomparso nel pomeriggio della festa.
mauro armanino, niamey, agosto 2013