Memorie dal Sottosuolo
Quello del Niger è ricco di oro, petrolio, gas, uranio e ostaggi. Dal 16 settembre 2010 alcuni francesi sono tenuti prigionieri da un gruppo armato islamico. Al Qaida Maghreb Islamico che da anni fabbrica ostaggi in cambio di milioni di euro. I poveri invece non hanno alcun prezzo sul mercato globale della follia. Ostaggi da tre anni nel Sahel e di un'epoca che si trasforma a seconda dei commercianti di vite umane. Ostaggi perché francesi e impiegati dalla ditta francese AREVA. Impresa statale che detiene il quasi monopolio dell'estrazione del minerale di uranio del sottosuolo nigerino nella zona di Arlit.
Anche la terra è un ostaggio di questa impresa multinazionale. Da 40 anni scava e tratta il minerale sul posto. Ne consegueno le falde d'acqua contaminate. La sparizione di alcune specie vegetali. L'esodo di migliaia di allevatori. I polmoni dei lavoratori in ostaggio delle polveri cancerogene dell'uranio. Il tutto perpetrato nell'indifferenza generale. La prossima miniera a cielo aperto di Imouraren sarà funzionale tra non molto. Il Niger diventerà allora il secondo produttore mondiale di uranio dopo il Canada. La metà di questo minerale che la Francias usa per la sua politica energetica arriva dal sottosuolo del Niger. Anche le bombe a testata nucleare hanno la stessa provenienza.
Le multinazionali si moltiplicano a seconda della filosofia finanziaria dei politici delle varie repubbliche cche si sono inseguite nel Niger. Cina, India, Canada, USA, Russia, Gran Bretagna, Australia, Sudafrica, Spagna e persino Italia hanno la loro porzione di sottosuolo. I colpi di stato che hanno accompagnato la storia del Niger dall'indipendenza hanno sono da mettere in relazione col sottosuolo del paese. Anche la politica si fa nel sottosuolo con la compravendita dei servizi e l'infedeltà dei deputati alle scuderie dei partiti. Il mercato dell'Assemblea Nazionale assomiglia a quello calcistico. Si cambia di squadra a seconda del miglior offerente del momento.
Persino le storie arrivano dal sottosuolo e sono scavate dal tempo e dalle memorie. Quella di Jacob si allunga fino in Eritrea e passa attraverso il Soudan per raggiungere l'Uganda. Il passaggio per l'Angola tramite la RDC finisce in fretta. Anche in Angola i documenti sono parte della politica e migliaia di migranti sono espulsi. Uno di loro è Jacob che era stanco degli anni consumati ad aspettare la guerra nel servizio militare del suo paese. L'Eritrea è un grande campo di detenzione che assomiglia al deserto dei Tartari. Si aspetta il nemico che non arriva e intanto passano gli anni più belli della vita. Jacob si inventa a Dakar assieme ad un gruppo di senegalesi anch'essi espulsi dall'Angola ricca di petrolio del sottosuolo nel mare. Raggiunge Niamey e chiede di andare in Etiopia perché parte della sua grande famiglia abita quel suolo. Ha dimenticato dove ha custodito l'unica borsa di viaggio che ancora gli resta. Ha preso prima una foto col cellulare del cortile ma non ricorda nè il quartiere nè la città dove l'ha lasciata.
Anche il sottosuolo di Raph è ricco di riferimenti e di memorie. Quelle della guerra civile in Liberia e quelle del campo profughi in Gambia e poi nel Senegal. Il confinante Mali lo ha visto transitare prima di raggiungere il Burkina Faso e infine le rive del Niger che lo accolgono senza saperlo. Raph trova in poche ore una camera per alloggiare e un telefono per chiamare la famiglia. Si fa mandare un certificato di nascita e presenta 4 foto passaporto per un lavoro come benzinaio. Riceve da un amico senegalese una somma di denaro tramite le agenzie di trasferimento di soldi. Si dice pronto ad iniziare un'impresa per vendere telefonini e poi continuare il viaggio. Dice che la festa di Natale si avvicina e che i telefoni si venderanno bene.
Dal sottosuolo del deserto è appena emerso Alexander che giura su una croce nascosta che sua moglie di nome Mariama arriverà a giorni. Sotto la terra del Niger c'è un tempo per ogni cosa. Un tempo per scavare e un tempo per portare alla luce. Un tempo per tornare e l'altro per partire.
mauro armanino, niamey, settembre 2013