Centomila passi nel mare. I migranti del Niger
Tale è il numero stimato di migranti che attraverseranno il Niger quest'anno. Le cifre sono banali come lo è la sabbia del deserto e le onde del mare. Si declinano per impaurire, per semplice conoscenza accademica o per interesse. Fatto stà che loro passano, cercano, circondano, abbracciano e a volte trovano scogliere come approdo. Scogli numerati come patrimonio turistico migrante. Scogli come riassunto di civiltà di confine di stato. Ad ognuno il suo scoglio. Centomila scogli da sistemare per chi sbarca dal mare di sabbia. Lo stesso numero delle 'gavette di ghiaccio' dell'omonimo libro di Giulio Bedeschi. Rifiutato da sedici editori prima di essere pubblicato. Centomila passi senza sentieri. I campi di concentramento funzionavano bene sotto Gheddafi ed erano merce di scambio coi vari governi del popolo italiano. Nel secolo delle migrazioni erano 50 milioni gli europei a migrare. 28 milioni di essi, oltre la metà, italiani. Che mai faremmo senza i campi. Di permanenza e di transito e di identificazione e di espulsione e soprattutto di detenzione e in realtà di eliminazione. E allora per i centomila passi si preparano i campi 'polivalenti' nel Niger.
Polivalenti nel senso che faranno vivere molti a cominciare dalle autorità nigerine. E poi le agenzie umanitarie onusiane o assimilate. Soprattutto chi si occupa dei migranti. Contribuiscono al Prodotto Interno Lordo di investimenti. Per le agenzie di sicurezza esterna e interna dell’Europa che ha inventato i diritti umani a piacimento variabile. La Croce Rossa è nata subito dopo le battaglie. I campi di concentramento hanno invece un lungo e tragico percorso. Sono stati esportati in Africa durante la colonizzazione come per preparare ciò che sarebbe accaduto dopo. Gli inglesi in Africa del Sud inventarono i campi di prigionia per i Boeri che hanno osato sfidare l’ordine costituito. Fin dal 1900 gli esperimenti presero corpo africano. Soprattutto i tedeschi nello Zambia li inventarono come luoghi di sterminio. Il nome stesso, ‘campo di concentramento’, è creato per l’Africa ed era il 14 gennaio del 1905. Il filo spinato e il lavoro che rende liberi diventa realtà in quegli anni. Per fortuna che c’è l’eritreo Daniel con la maglia a pallini nel Tour de France. Al momento miglior scalatore delle montagne. Tutti sanno che un lungo cammino inizia con un piccolo scoglio.
Di migrazione si muore e si transita e soprattutto si prospera. I capitali per esempio, che vengono investiti per arrivare e quelli persi per difendersi dall’arrivo. Una quantità di miliardi di euro quasi equivalente. La filiera è come ben scrive Bauman nelle sue riflessioni sulla modernità. Frontiere ‘liquide’che si adattano alle circostanze e gli interessi di tutti. I ‘passeurs’, la polizia di confine, i trasportatori, i gestori dei ghetti, i ministeri interessati, le agenzie umanitarie, le ong che sensibilizzano i migranti sui pericoi del viaggio e persino i pastori delle chiese protestanti che prendono Dio come garante dell’arrivo. Seguono infine i giornalisti e i produttori di studi sulle dinamiche migratorie del Sahel. Ad ognuno la sua parte senza parlare di Allah che col suo profeta fa digiunare in attesa del rimpatrio celeste con acqua fresca e piacevole compagnia al femminile. Per i centomila scogli ci pensamo noi. Naturali o artefatti non cambiano il prodotto finale. Sopra troveranno nomi scritti o disegnati dalla salsedine oppure migrati per convenienza altrove. Testimoni silenziosi le onde che contano i passi abbandonati nel vento.
mauro armanino, niamey, luglio 015