Come suona l’Europa vista da lontano
Vista da lontano l’Europa suona strana. Meta agognata e perduta dei migranti che attraversano il Niger e gli altri paesi comandati. Miraggio, utopia, sogno, rito iniziatico, scorciatoia, resistenza, lotta impari per trasformare il corso della vita. La migrazione è questo e molto altro. Ognuno è la sua migrazione. All’inizio sono loro a decidere il viaggio. Verso la fine è il viaggio che decide quasi tutto. Itinerari e rotte, direzioni e mezzi, traghettatori e commercianti, giornalisti e pescatori. L’Europa suona davvero strana, vista da lontano.
La contraccezione europea è culturale. Nell’impunità le è stata confiscata la speranza, poi svilita in triste amministrazione dell’esistente. L’assenza del futuro è anche il futuro dell’assenza. I figli, virgulti d’ulivo e le figlie come tralci di vite, sono stati recisi. La sparizione dei più deboli, quelli concepit e mai nati, ha precluso la via all’accoglimento dell’inedito. Il nuovo nato, la figlia arrivata per casualità, della vita rappresentano l’apertura incondizionata. I muri si tessono prima nei grembi, invisibile e reali, della civiltà .
Il primo straniero è lui e lei. Sono loro, scoperti, imprevisti, desiderati e talvolta cercati. L’esclusione inizia al limitare dei primi mesi di vita. Rifugiati, indocumentati e nudi. Arrivano con un pianto, una parola e un silenzio. Solo dopo capita il resto. La strada da camminare tra le frontiere. Col tempo sopraggiungono i tradimenti e le codardie che accompagnano l’umano viaggio. Senza di loro che insegnano, nella società sarà complicato imparare a ospitare lo straniero che arriva. L’uno e l’altro succedono , imprevedibili.
La stessa paura accomuna i muri, ornamenti di circostanza. Ideologie che diventano religioni e religioni che diventano pretesti. Difesa nazionale, identità escudenti e contundenti. Particolarismi che si impongono come Dei. Per farsi rispettare chiedono sacrifici, eliminazioni, scarti, zavorre. Cultura, lingua, territorio e dio per garantire l’ordine. In oriente come in occidente i perdenti sono i poveri. La sofferenza è beffeggiata dalla dimenticanza. Gli altri muri sono a protezione del benessere recintato da fili spinati.
Vista da vicino l’Africa suona strana. Conflitti e carestie, espulsioni e minerali da esportare. Signori della guerra e signori della pace. L’umanitario che governa e la corruzione che si riproduce come sistema politico. Risvegli pentecostali e fondamentalismi islamici. Commercio e svendita dei corpi nell’economia informale del mercato.Sono le donne che travasano il continente da un giorno all’altro. Suona strana l’Africa vista da vicino.Si perde di giorno e si trova di notte. Come una donna che non ha smarrito il sentiero della vita.
Loro, i bambini, sono sulle strade, nei cortili, nei gruppi armati, a riempire le classi e a mendicare. Sono concepiti senza resistenza, scolpiti nei grembi, portati dietro e mai abbandonati. Gli orfanatrofi, come le case di riposo, sono invenzioni occidentali. Magari c’è poco ma è per tutti. Comandano i soliti e i poveri la passano piuttosto male.Tanti, meno di quanti dovrebbero, se ne vanno via. Diserzione sovversiva e migrante. Solo i bambini salveranno il mondo. Vista da vicino l’Africa suona di provvisorio. Come una vita.
L’Europa e l’Africa hanno molto in comune. Gli antenati africani hanno cominciato a spostarsi qualche milione di anni fa. Fu la prima migrazione globale da popolamento. L’Europa ha risposto con gli imperi, le conquiste, le scoperte e le colonie. Alle indipendenze è seguito, senza soluzione di continuità, il neo-colonialismo. E ora è il turno delle colonie a raggiungere l’Europa. Nella storia lo si sa: nulla si crea e nulla si distrugge. Le guerre per procura tornano al mittente.Il ‘fardello dell’uomo bianco’di Rudyard Kipling si era travestito di operazioni umanitarie. I muri, complice la paura, erano nel frattempo cresciuti. L’ Africa intanto è già arrivata, come un arcobaleno.
mauro armanino, niamey,settembre 015