Dichiarazione di smarrimento. Istruzioni per la disfatta del Nord

Stamane al Porto Antico di Genova l’affermazione di un amico eritreo è stata contundente. La storia è il nostro professore. Ricordava che Etiopia e Eritrea erano una sola entità e si sono poi trovati divisi dalla storia coloniale italiana. Sorridendo ricordava che loro sono qui perché prima NOI siamo stati là. L’evidenza che fa invece fremere quando l’operazione di cancellazione e di smarrimento, è tuttora in atto. Orchestrata, voluta, scelta e infine subita. La storia coloniale italiana è come quella delle migrazioni. Un sensibile e drammatico spazio lasciato vuoto di contenuti o semplicemente ignorato dalle italiche didattiche. Accenni, allusioni, sospetti e infine la leggenda della proverbiale umanità del popolo italiano. In verità né migliore né peggiore di altri, fatte le debite distinzioni coloniali. Libia, Etopia, Somalia e ora le armi dappertutto. La politica della costitutuzione si tradisce anche così. Dai libri di testo agli accordi commerciali il passo è breve.Basta prendere un gommone e poi dare uno sguardo alle foto d’epoca dei migranti italiani.

Il carabiniere che ha raccolto la mia denuncia era molto cortese. Vittima di smarrimento della patente di guida in data e luogo sconosciuto. In realtà il luogo di smarrimento del documento è il Niger. Rimane forte il senso di smarrimento e il luogo di quest’ultimo è ben conosciuto. Si tratta della mio Paese, che incontro smarrito malgrado solo pochi anni siano passati dall’ultimo rientro effettuato. Funziona bene la strategia e la produzione della paura e la corrispettiva ‘sicurezza’. In più ci sono le migrazioni come non fossimo stati noi, per primi e numerosi a migrare. Quanto ai bambini sfruttati non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Abbiamo organizzato abbastanza bene anche questo settore. Diamo invece importanza ai cani, colpevoli di nulla e trovatisi, loro malgrado, a colmare affetti e legami perduti.Meglio l’amicizia di un cane, di lunga più sicura che quella di un bipede umano, per di più senza piume. Creme, dolci, biscotti, compleanni, passeggini, indumenti, vacanze, vezzi amorevoli e carezze che mai i cani avrebbero sospettato godere.

Non è la patente di guida ma la direzione e il senso del viaggio che sono andati smarriti. I legami sociali che accompagnavano l’identità di un popolo. Il saluto, lo scambio, l’attenzione e il rispetto di colui che ci sta accanto. E’andato smarrito lo sguardo che umanizza, la parola che accoglie e la mano che sorregge. Tanto vero che l’abbiamo demandata a coloro che arrivano da lontano e che per lenire le nostre ferite dimenticano e trascurano le proprie. Abbiamo inventato per loro il nome di ‘badanti’, solo perché di stranieri a poco prezzo si tratta. Il verbale di ricezione della denuncia identifica il sesso e la cittadinanza. I verbali sono ancora delle cose serie e le differenze sono annotate puntigliosamente. Rimane il passaporto a garantire l’identità del soggetto con domicilio in Niger, relativa a ‘smarrimento’, fatto avvenuto in data sconosciuta e in luogo sconosciuto dal pubblico. In effetti chi mai ha parlato di questo Paese dal mio arrivo. Non fosse per i migranti che transitano da Agadez e passano da Niamey saremmo già stati cancellati.

Lo smarrimento è quello delle parole autentiche e delle promesse di politici e religiosi. La refurtiva non era altro che la patente di guida per una società che si perde dietro l’effimero e si lascia consumare dal consumismo. Ci sono i poveri che sono assistiti dalle mense e dalle briciole cha cadono dalla mensa dei ricchi. Nel frattempo si è smarrita, da tempo, la giustizia e si combattono i poveri cristi dopo la processione in città. Smarrite le coordinate della civiltà rimane la gestione dell’esistente. Tagliandi e ticket col numerico, codici segreti da grattare, macchine che sputano soldi, distributori di benzina senza volto, pagamenti anonimi con le carte di credito e il fai da te alla cassa dei supermercati aperti di domenica. Si è smarrita la resistenza e allora, come sta scritto sul muro del vico San Luca, CHE IL NOSTRO SILENZIO URLI.

                                                                                      mauro armanino, genova, 18 agosto 016