Storie di sabbia che il vento porta lontano
La sua compagna si chiama Princess, Principessa. Dopo essersi conosciuti in Algeria sono partiti assieme in Algeria. Williams Harris è nato in Guinea Bissau, che di stato porta solo il nome e quello delle agenzie umanitarie che, assieme alla droga, ne permettono la sopravvivenza. Col padre originario della Guinea e con madre liberiana con la quale passa l’infanzia alla morte del padre. Deve scappare dalla Liberia quando il sergente Samuel Doe con un colpo di stato cruento prende il potere nel 1980. A dieci anni fugge nella vicina Costa d’Avorio con la madre e lì ha il tempo di studiare per anni nel campo dei rifugiati adibito a Guiglo. Col diploma nei piedi torna in Liberia, passa in Guinea, solca il Senegal e raggiunge la Mauritania le cui frontiere sono blindate dall’Europa. Non gli resta che navigare nella sabbia tra dall’Atlantico al Mediterraneo. Williams si arma di sana follia e, dopo aver passato il Mali, il Burkina Faso e il Niger, raggiunge l’Algeria nel 2011 del calendario migrante senza giorni. Incontra Princess e con lei parte in Libia nel 2016 di un altro calendario, confezionato per l’ccasione.
Diallo, lui, aveva studiato da veterinario ma in Guinea Conakry, sua patria, non aveva lavoro. Gli amici gli consigliano l’Algeria e Diallo pensa alla fattoria degli animali che incontrerà nei pressi di Algeri. Già il viaggio era cominciato male. A Bamako, la capitale del Mali, un ufficio specializzato per migranti con denaro, gli aveva promesso un viaggio sicuro fino alla capitale e anche più in là, in Europa, solo lo avesse desiderato. Pagato il biglietto trovato l’inganno. Appena fuori la città di Gao, i ribelli, affiliati all’ufficio viaggiatori, si trasformano in doganieri armati e lo sequestrano fino a risarcimento compiuto. Diallo chiama la famiglia ignara del suo esodo, e per telefono, si fa mandare la somma richiesta dai rapitori. Arriva squattrinato a Algeri e, tramite un conoscente, trova lavoro in una fattoria che alleva polli. La fattoria degli animali nella quale sognava di lavorare si materializza e Diallo può finalmente esercitare il mestiere per cui ha studiato. Si raccolgono e vendono uova, si produce carne da smerciare sul promettente mercato della capitale, con prodotti locali. Passano così 8 mesi e Diallo, dopo aver inutilmente chiesto il salario è licenziato.
Quanto a Williams e a Princess, si trovano ormai in Libia con l’idea di fare la traversata del Mediterraneo proibito. Tentano nei pressi di Bengasi senza successo, con una nave che non parte mai. Si spostano in seguito a Tripoli e sono entrambi detenuti in un centro per 7 mesi. Con soldi ealtri artifizi Williams e Princess riprendono insieme, stavolta, la strada del ritorno. Niamey, dopo Agadez, è la tappa obbligata per quanto fanno la strada a ritroso, con borse vuote e occhi pieni di passato. Stanchi, ammalati, persi tra le frontiere mobili del Sahel, cercano un futuro che avevano abbandonato anni prima. Williams dice che un sogno lo accompagna da tanto tempo e lui crede nei sogni. Si vede cantare davanti a sterminate platee sulla pace nello stile dei gospel del suo paese materno e afferma che quella è la missione che Dio gli ha affidato da sempre. Che tutto quanto ha vissuto e sofferto nei 38 anni di vita, dovevano servire proprio a quello. Cantare per cambiare il mondo assieme alla Principessa, più volte violentata durante la detenzione in Libia. Chiede una preghiera e, prima di partire, il numero di telefono nel caso dovesse cambiare idea.
Diallo cerca un’altra fattoria degli animali ma nel suo paese. Ha studiato e praticato il mestiere di veterinario e dice che stavolta troverà senz’altro un buon lavoro pagato. Gli animali nel Sahel non mancano e neppure le fattorie per i veterinari tornati con esperienza dall’Algeria. Diallo torna anche per occuparsi dei figli per i quali era partito così lontano. La più piccola si chiama Mariam che ha tre anni e vorrebbe essere grande come Aicha che di anni ne ha undici. Nella sola borsa che gli resta ha nascosto nella polvere i regali che ha messo da parte per la festa del Ramadan ormai vicina.
Mauro Armanino, Niamey, giugno 2018