Cambia todo cambia e lo si vede nel Sahel

Nella nota canzone di Mercedes Sosa, la ‘India’ argentina, aveva cantato con anticipo l’accaduto di questi anni a venire. E’il tempo dei ‘mostri’, predetto da Antonio Gramsci che, dal carcere fascista, ha scritto nei suoi quaderni una profezia incompiuta. Un tempo che finisce e l’altro che tarda a venire. In questa penombra arrivano i mostri che si installano comodamente nell’immaginario collettivo del nostro tempo. E’cambiato il nostro sguardo e la percezione dell’altro, che viene fatto assomigliare ai mostri il cui arrivo annunciava Gramsci. Quanto accade sulle nostre sponde non fa altro che rivelare quanto da tempo era stato sepolto nella sabbia della distrazione e della dimenticanza. Cambia todo en este mundo.

O forse no. In fondo non è cambiato nulla in questa Europa che galleggia a stento e comincia a preparare le scialuppe di salvataggio per la deriva annunciata del suo futuro. Di certo non sono cambiati i Centri che, come un’ombra, o se vogliamo, un mostro fedele, sono alleati leali delle politiche occidentali. Dai Centri di raccolta a quelli di sterminio, musei e monito permanente dell’umana sconfitta, per completare quelli di identificazione, espulsione e soprattutto detenzione. Nel Niger è arrivato trafelato l’ultimo Centro nato ad Agadez. Ad uso dei richiedenti asilo che saranno osservati, schedati, premiati o rimandati fino alla prossima valutazione tecnica. L’OIM, distinta maniera per concentrare i migranti espulsi dall’Algeria, dalla Libia e sprattutto dalle politiche europee. Perchè l’OIM di politica dice di non farne. Esegue e salva i migranti dalle grinfie dei ‘passeurs’. Gli daranno uno dei prossimi Nobel per il fiancheggiamento nel controllo delle frontiere adibite alla vendita dei migranti. Dirkou, Arlit, Agadez sono esotici nomi per centri di raccolta e spedizione al mittente di migranti rei del delitto di mobilità. Cambia poco en este mundo.

Cambia poco cambia perché tra qualche giorno arriva a Niamey il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani. Giungerà accompagnato da volenterosi uomini di affari europei, a cui si ricorda che comunque il viaggio e il soggiorno è a loro spese. In questo si avvicinano alla realtà del Sahel. Anche per i migranti il viaggio e spesso, il non ritorno è a loro spese, comprese quelle quelle funerarie. Tajani viene per premiare chi ha drasticamente limitato il numero dei passeggeri di sabbia. Le statistiche presentate non potrebbero essere più eloquenti e gli elogi dello stato nigerino senza comune misura. Percorso che definire trionfale è fargli un torto. Dagli stimati 330 mila migranti del 2016 si è scesi a 18 mila l’anno scorso e a 10 mila per quest’anno, comunque non ancora concluso. Come non riconoscere che, come sostiene Mercedes Sosa, qualcosa finalmente cambia. Di questo passo c’è chi pensa di sradicare per sempre il fenomeno.  Vanificare le velleità di chi profitta della mobilità per mettere in pericolo l’esistenza stessa dei mostri dei quali Gramsci menzionava l’esistenza. Cambia poco cambia nel Sahel militarizzato di questi anni di sabbia.

La colonizzazione è nata tra faccendieri, cannoniere, mercanti e missionari per garantirne l’assoluzione finale. Non cambia affatto quello che accade in questa porzione del mondo. Militari, operazioni contro il terrorismo: Serval, Barhkane, G5 Sahel, Minusma delle Nazioni Unite, alleanze di combattimento sul lago Tchad e chi muore di stenti passa inosservato. L’occupazione del territorio non è che la restaurazione della stategia del capitalismo che delle colonie ha fatto una delle colonne portanti della sua rapina. Poco cambia davvero nel Sahel. L’Unione Europea ha promesso a questa zona dell’’Africa qualcosa come 191 milioni di euro. Che tutto cambi perché nulla e proprio nulla cambi nel Sahel. Non proprio alla fame ma quasi. E soprattutto che questi paesi non diventino autonomi, soggetti della propria storia, protagonisti di politiche alternative ora basate sulla sabbia mobile degli accordi economici di smantellamento. Sarebbe un guaio, proprio adesso che Tajani premierà il Niger come luogo di sicurezza, stabilità e impegno fattivo di accompagnamento dei migranti a casa. Financo la signora Michelle Coninsx, capo-delegazione del Comitato delle Nazioni Unite contro il terrorismo, ha elogiato il Paese per l’impegno intrapreso nella regione in questo ambito.

Cambia todo cambia, cantava Mercedes Sosa. Gli unici a cantarlo ancora sono coloro ai quali vietiamo di metterlo  in pratica.

                                                                                Mauro Armanino, Niamey, luglio 2018