Bless, bambino soldato che la guerra insegue
Era tra le centinaia di bambini soldato che Charles Taylor aveva usato per rovesciare il regime di Samuel Doe in Liberia. Bless aveva combattuto per anni una battaglia sbagliata. Nato a Buchanan in Liberia e persi presto i genitori, Bless si rifugia in Nigeria nel ‘97 pensando di lasciare la guerra dietro di sè. Invece dopo appena due anni si ritrova a far parte del contingente che protegge la casa di Taylor a Ouagadougou, nel Burkina Faso. Vuole ancora girare pagina e, traversando il Mali e l’Algeria, raggiunge la Libia con due amici liberiani e un nigeriano, conosciuti nel Faso. Lavorano come giornalieri nella fiorente industria del petrolio tra Tripoli e Benghasi. Bless prova un paio di volte ad attraversare il Mediterraneo e in entrambi i casi i tentativi falliscono. La prima volta per difetto del gommone e la seconda per l’intervento della guardia costiera. Tra un tentativo e l’altro si è messo a procacciare clienti per i viaggi del mare. Si guadagnava la vita come aiuto-passeur, mediatore tra i volontari del transito marino e i proprietari delle barche. Bless non riusciva a mettere da parte nulla perchè nel suo Paese più nessuno l’aspettava. La ‘rivoluzione’ libica della NATO, che festeggia con pompa 70 anni di guerre umanitarie e paci armate, lo ha sorpreso nel 2011 nel Paese. Lui, Bless, bambino soldato diventato grande in armi, è stato accusato di combattere per Gheddafi. In effetti, per non perdere la mano, ha preso parte ai combattimenti finchè, con un amico liberiano, ha scelto di tornare indietro. Volevano andare dove c’era la pace che non avevano mai conosciuta prima. Sulla strada del ritorno si sono fermati a Sebha, in territorio libico.
Vendevano haschich e questo ha creato problemi di concorrenza con alcune milizie locali. Dopo qualche tempo Danys, il compagno liberiano, è stato rapito e in seguito violentato sotto i suoi occhi da un gruppo di miliziani. A partire da quel giorno l’amico Danys non era più quello di prima e dubitava financo della sua virilità. Lo vedeva triste e ogni volta più isolato dagli altri amici liberiani. Cercava di convincerlo a continuare a vivere e a dargli coraggio ma era un’altra battaglia perduta. Bless lo ha trovato sospeso ad una corda a forma di farfalla nella loro camera comune. Era troppo tardi per soccorrerlo, di sera, dopo aver cercato inutilmente qualcosa da mangiare per lui. L’hanno sepolto nella sabbia senza alcun segno della tomba il mattino seguente e come unico testimone il vento. Bless fa il cammino a ritroso, passa la frontiera col Niger e si trova ospite per qualche tempo nel centro di transito dell’OIM, l’Organizzazione per le Migrazioni Internazionali. La scheda di plastica dell’OIM che esibisce, evidenzia il numero AZ-004502, taglia 1, con la data di registrazione il 18 gennaio del 2019. Nulla di tutto ciò è importante per Bless. Delle guerre e delle sua battaglia col destino non c’è nessuna traccia sulla tessera plastificata OIM. Non si dice che, da bambino, aveva preso le armi ed era stato obbligato ad esercitarsi a sparare sui membri della sua famiglia. Da allora la guerra l’aveva preso come ostaggio. Bless dice che è arrivato il momento, per la prima volta nella sua vita, di deporre le armi. Sente di avere una missione da compiere: informare la famiglia del compagno sepolto dal vento nel deserto della Libia.
Bless conosce la sorella di Danys che ha due figli e gestisce un salone di bellezza nella capitale Ouagadougou. Si è impegnato con sè stesso, col compagno di vento, con tutti coloro che hanno conosciuto Danys, a portare l’ultima foto sua che il cellulare conserva con cura. E’ sicuro di trovarla perchè conosce bene la città e con i contatti che ancora possiede non sarà difficile reperire il negozio e darle notizia del fratello più giovane di lei di qualche anno. Bless parte domattina di buonora col camion che trasporta mercanzie e persone sopra il carico, tra polvere, vento e calore di stagione. Promette, con la mano alzata, di mandare una foto di lui con la sorella dell’amico Danys e sarà così la prima vittoria della sua vita.
Mauro Armanino, Niamey, aprile 2019