A quattordici mesi dal rapimento di Pierluigi
Preghiera per la liberazione di Pier Luigi. Dio nostro Padre, tu ci chiami alla libertà…concedi al tuo servitore, tenuto in schiavitù, di ritrovare la libertà. Questa preghiera, recitata durante la messa in tutta la diocesi di Niamey e anche altrove, ha iniziato l’incontro coi catecumeni del settore Niamey, questa domenica 17 novembre 2019. Il luogo dove questa preghiera è stata recitata non è casuale. Si trattava del ‘luogo della memoria’, che ricorda, tramite una statua di maria carbonizzata, una croce spezzata e uno strato di ceneri, l’attacco alle chiese di Zinder e Niamey del 16-17 gennaio del 2015.
Trai due avvenimenti, ricordavamo all’oltre centinaio di catecumeni radunati per una formazione, c’è una drammatica continuità. In fondo si tratta delle stesse mani che la violenza ha reso suoi strumenti per perpetrare uno stesso odioso crimine: la riduzione dell’altro a nemico da eliminare. Si celebrava ieri, sabato, la giornata mondiale della tolleranza. Parola ambigua eppure portatrice di innumerevoli conseguenze. Nella nostra società nigerina, da tempo, si è permesso o facilitato la progressiva riduzione degli ‘anticorpi’ che garantiscono nella società il ‘vivere assieme’.
Il rapimento di Pierluigi porta a compimento quanto la reazione al settimanale satirico Charlie Hebdo aveva a suo tempo suscitato. Commistioni tra il politico, l’ideologico e il religioso avevano distrutto in una mattinata quando la paziente fede e tenacia delle comunità cristiane avevano costruito. Non si è fatto nulla per impedirlo e nessun colpevole è stato portato in giudizio. In fondo è la stessa impunità che ha assunto il volto della violenza che colpisce i più poveri delle campagne del Niger, Burkina Faso e Mali. I catecumeni, radunati accanto alle ceneri delle chiese, erano silenziosi ed attenti. La domenica è il giorno della risurrezione.
Mauro Armanino, Niamey, 17 novembre 2019.