A Niamey piove sul virus: la breve primavera del Sahel
Verissimo. Già la notte precedente faceva eccessivamente caldo e più afosa del solito era apparsa la mattinata. Detto ciò, la pioggia caduta su Niamey in serata è stata, a giudizio di molti, se non unica almeno improbabile per la sua quantità. Il giorno prima il Ministero della Sanità aveva annunciato il primo malato riconosciuto dal ‘Coronavirus’ che così tanto infetta l’Europa e altri parti del mondo. Si tratta di un signore che aveva viaggiato attraverso alcuni Paesi della Regione e poi trovato positivo al suo arrivo a Niamey, finora ufficialmente libera da ogni contagio. Da alcune ore, onde ridurre i rischi di eventuali propagazioni, il governo prima e le autorità religiose poi, avevano già preso alcune misure di prevenzione. La cancellazione pura e semplice di tutti gli incontri internazionali, il divieto di viaggi verso i Paesi ‘contaminati’, la chiusura delle frontiere aeree e terrestri e, in coincidenza con le vacanze ‘pasquali’, la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado. Quanto all’università, questa misura non faceva che confermare quanto stava accadendo sul terreno accademico, dallo sciopero degli insegnanti alla chiusura il passo è stato oltremodo breve e financo inosservato. Quanto alle funzioni religiose, previa una concertazione coi leaders islamici e cristiani, esse sono state sospese e ufficialmente chiusi gli edifici religiosi. In mancanza di campane o campanili solo i ‘muezzin’ (con voci registrate e l’ausilio di altoparlanti), persistono nel chiamare i fedeli alla preghiera personale. Le poche decine di temerari che hanno osato sfidare l’ordinanza sono stati dispersi dalla polizia ieri, venerdì, il giorno ufficiale di preghiera. Nessuno, però, si aspettava una pioggia di tale intensità. I bambini correvano per passare a guado le pozzanghere che i taxi, più ragguardosi dello stato, in genere degenerativo, del loro veicolo, facevano attenzone ad evitarle. Una pioggia sul virus, ieri a Niamey.
Una pioggia democratica che non ha lasciato fuori nessun quartiere o zona della capitale. Una pioggia atipica che taluni mettono in relazione col frutto del mango, di stagione e che, anche grazie alla pioggia può offrire il meglio di sé, per la gioa di grandi e piccoli che hanno la fortuna di accedere al mercato o alla raccolta clandestina dagli alberi riverniciati di fresco, dopo il lavaggio gratuito dei rami e delle foglie. Una pioggia insistente, accompagnata dall’immancabile vento che, almeno per ora, non ha divorziato dalla sabbia e che, assieme, formano una delle più belle coppie del monde saheliano. Una pioggia politica che ha fatto mettere in secondo piano, con la complicità del ‘battage’ corona-mediatico, l’arresto e la messa in detenzione di alcuni esponenti della società civile che hanno osato sfidare l’ordinanza che vietava assembramenti con oltre mille persone. L’amico Moussa Tchangari, segretario generale di Cittadinanza Alternativa, si trova ospite del carcere di Tillaberi, non lontano dalla capitale, in piena zona a rischio di attacchi djihadisti. Non è la priva volta che Moussa si trova in carcere e probabilmente neppure l’ultima, visto il clima politico che si vive nel Paese che ha eretto la potenziale epidemia come alleato politico. Non si parla più dei miliardi di franchi che, destinati alla Difesa, hanno preso altre direzioni e nomi eccellenti del panorama politico nigerino. In effetti in un comunicato pubblicato ieri, venerdì 20 marzo 2020, il giorno della pioggia, il ministero della giustizia ha annunciato la sospensione di tutte le udienze pubbliche per una settimana. Quanto alle visite alle carcere sono state interrotte per tre mesi.
Una parte degli avvocati, proprio in seguito alla vicenda dei fondi militari spariti o dirottati altrove, aveva dichiarato un giorno di sciopero nell’ambito della giustizia. C’è piuttosto da domandarsi se c’è stato almeno un giono nel quale, in questo paese, giustizia è stata resa ai poveri e in generale ai cittadini. La pioggia è scesa in particolare sulla Commissione Nazionale dei Diritti Umani. Alcuni suoi membri avuto problemi con la polizia quando cercavano di fare il loro dovere di indagine su eventuali abusi nell’ambito dei diritti umani, sui detenuti della società civile presso la Polizia Giudiziaria. Sono stati invitati ad abbandonare il luogo dietro la minaccia di un intervento armato. Senza chiedere nessun permesso, la pioggia di Niamey è scesa abbondante per una breve primavera.
Mauro Armanino, Niamey, 21 marzo 2020