Pan-covid e venti mesi di schiavitù di Pierluigi
La dittatura mediatica del Covid-19 ha relativamente invaso anche il nostro Sahel. In effetti, buona parte delle notizie, ci giungono attraverso agenzie di stampa occidentali che hanno fatto dell’epidemia una pan-notizia. Nel frattempo, in questa zona sabbiosa del mondo in piena stagione torrida e secca, gli avvenimenti legati alla vita corrente e al terrorismo di stampo jihadista non si sono auto-sospesi, anzi. Le grandi manovre per ‘neutralizzare’ i gruppi armati hanno continuato, come pure gli attentati. Centinaia di migliaia di persone sono sfollati dentro il proprio Paese. Nel frattempo, le forze di difesa e sicurezza degli Stati implicati in questa battaglia, sono state accusate di gravi abusi nei confronti di civili. Si parla persino di fosse comuni nella zona delle tre frontiere, Mali, Burkina Faso e Niger.
La felice e molto (male) mediatizzata liberazione di Silvia Romano ha fatto tornare alla ribalta anche l’attesa di una lieta conclusione della prigionia di Padre Pierluigi e del suo compagno di sventura Nicola Ciacco, apparsi nella stessa video il 24 marzo scorso. Il soldi del riscatto, vite monetizzate che contribuiranno a finanziare altri attentati e la nascita di altri gruppi armati terroristi, sono il prezzo da pagare per riavere l’amico, il fratello e il compagno di viaggio Pierluigi. Dalla sera del 17 settembre del 2018, appena tornato dalle vacanze in famiglia, Pierluigi è stato sottratto con la violenza, sradicato come un albero, dalla sua terra di adozione Bomoanga, a poco più di un centinaio di kilometri dalla capitale Niamey. Anche le autorità locali non nascondono un moderato ottimismo sulle possibilità del suo e loro ritorno tra noi.
I venti mesi di Gigi sono una vita, una vita spezzata che continua, malgrado tutto, a credere nella vita. La follia della violenza, tutt’altro che cieca in questo caso, rivela il suo volto mascherato da giustificazioni fanatiche che hanno preso in ostaggio il tempo e il volto di Dio. Il suo volto, sul Golgota, era una maschera di sangue e quello di Pierluigi, nella video citata, era il volto stanco e sofferto di chi sa di essere tenuto in ostaggio da criminali senza nome. Il male esiste e si riproduce attraverso coloro che cedono ai suoi metodi e lusinghe perverse della dignità della persona che neppure in loro è cancellata. Pierluigi porta su di sé, assieme ad altri in simili situazioni di cattività, il mistero dell’iniquità umana, il tragico volto della menzogna e la fragile speranza di un ritorno a casa. Si, Pierluigi è una delle più eloquenti metafore del nostro tempo, e solo il rintocco lontano delle campane di Pasqua, sono memoria di una pietra rimossa dalla tomba vuota.
Mauro Armanino, Niamey, 16 maggio 2020